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Liberare e liberarsi dalle REMS (Emilio Lupo)

«…oltre le logiche violente dell’abbandono,
la Salute Mentale significa riappropriazione di relazioni
significative e di potere sociale».

Agostino Pirella

«Il movimento di Psichiatria Democratica
tende a rendere le competenze più flessibili
e vicine alla complessità dei bisogni,
poiché si è fatto consapevole dell’alibi permanente
che le rigidità forniscono all’esperto».

Agostino Pirella

 

Sul che fare dopo la chiusura degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari e con l’attivazione, nelle singole regioni, delle residenze per l’esecuzione delle misure di sicurezza (REMS), si apre, periodicamente, il dibattito. Un confronto che, il più delle volte, scaturisce in seguito a qualche notizia giornalistica, come a qualche sentenza in materia, e si sviluppa intorno alla presunta necessità di attivare nuovi posti letto nelle suddette strutture, oppure sul caratterizzare le REMS come luoghi di custodia, aumentando il personale di vigilanza, piuttosto che come luogo di transizione e, quindi, esclusivamente come tappa di un attento processo di inclusione. Operatori sanitari, magistrati, familiari, studiosi del diritto e mondo dell’informazione, si schierano sostenendo tesi a favore o contrarie, sciorinando dati, invitando alla riflessione intorno ai singoli fatti: si veda al riguardo il recente intervento di Marco Patarnello, magistrato di sorveglianza a Roma, e le riflessioni di Pietro Pellegrini, direttore del DSM di Parma. Un confronto che abbiamo apprezzato e salutato con favore e che ci auguriamo possa svilupparsi nei mesi a venire, e che sia in grado di rimettere al centro il progetto personalizzato per il singolo utente, che, nella nostra visione, costituisce il cuore e la stessa ragion d’essere della Risoluzione del CSM che ha varato i Protocolli Operativi (P.O.). Una ulteriore valutazione sullo stato dell’arte del dopo OPG va a questo punto fatta: il salto di qualità che aspettavamo, ovvero il riscatto della dimensione carceraria attraverso progetti condivisi, ancora non c’è stato. E’ un problema di risorse? Di mancanza delle motivazioni e dell’impegno che il problema richiede? Di entrambe? E’ una cultura regressiva della sofferenza psichica, da cui la concezione custodialistica della cura? E’ l’esito della restaurazione “modernizzata” di un modello paradigmatico oggettivante?

A quelli che, come noi, sono interessati ai temi della Salute pubblica da qualche decennio, la discussione sull’aumento dei posti letto nelle REMS che ha il carattere del déjà vu, suscita molta preoccupazione. Quanto accaduto di recente con la chiusura dei lager OOPPGG, era avvenuto in precedenza con i manicomi. La storia e l’esperienza insegnano che all’aumento dell’offerta del posto letto, l’istituzione risponde con la rapida occupazione dello stesso, inducendone il bisogno: una categoria che ha bisogno di occupare un letto, la si trova sempre. Nel caso specifico, si è inizialmente ritenuto che bastasse la sola stipula del Protocollo tra Tribunali, Aziende Sanitarie e DSM per affrontare e risolvere vecchi e nuovi problemi, all’indomani della chiusura degli OPG.

Di contro, come Psichiatria Democratica (PD) e personalmente, insieme al collega Cesare Bondioli, avevamo, difatti ed a più riprese sottolineato, nell’elaborare la nostra proposta di “Protocolli Operativi Vincolanti” (presentata, il 14 giugno 2018, dai dirigenti nazionali di PD alla VII Commissione del CSM), che era invece, assolutamente indispensabile realizzare, da subito, una sorta di schema-regolamento attuativo per ciascun Progetto Obiettivo. Abbiamo suggerito di operare sul campo, utilizzando lo strumento principe del progetto territoriale, titolato pienamente a verificare e monitorare con assiduità e nel tempo il percorso, ovviamente nella sicurezza dei cittadini.  Ma anche il solo in grado di porre argine alle “misure provvisorie” che occupano i posti nelle REMS: 253 persone, pari a ben il 41% degli ospiti delle REMS, secondo i dati presentati al Parlamento, il 26 giugno 2020, dal Garante Nazionale dei diritti delle persone private delle libertà Mauro Palma. A conferma di questo nostro orientamento vogliamo ricordare che tutte le volte che abbiamo avuto modo di rappresentare come, secondo PD, andassero coniugati nella pratica i Protocolli Operativi Vincolanti, lo abbiamo fatto cadenzando minuziosamente modalità e tempi del percorso con dovizia di particolari. Eravamo convinti allora come oggi e ben consapevoli, che soltanto attraverso programmi personalizzati, elaborati per il paziente e con il paziente dalla equipe multi professionale allargata (che comprendesse cioè le figure competenti per gli specifici problemi e per gli specifici bisogni di quella persona in cura)  ne avremmo garantito la piena attuazione.

I Protocolli Operativi – e su questo ritengo si sia tutti d’accordo – lungi dal risolversi in un nuovo burocratismo, che immancabilmente esita nella ricerca del posto letto per il “matto”, debbono promuovere il concreto superamento di ogni concezione della cura come esclusiva attività intramuraria, cioè, di segregazione ed esclusione. E’ questa la sfida che il Consiglio Superiore della Magistratura aveva inteso lanciare, già con la delibera dell’aprile 2017, laddove sottolineava che: «…Le REMS sono, pertanto, soltanto un elemento del complesso sistema di cura e riabilitazione dei pazienti psichiatrici autori di reato. L’internamento in REMS ha assunto non solo, come si è anticipato, il carattere della eccezionalità, ma anche della transitorietà: il Dipartimento di salute mentale competente, infatti, per ogni internato deve predisporre, entro tempi stringenti, un progetto terapeutico-riabilitativo individualizzato, poi inviato al giudice competente, in modo da rendere residuale e transitorio il ricovero in struttura».

Questo pertinente richiamo alla “transitorietà” delle Rems, merita una riflessione che parta sempre dalla nostra esperienza nel superamento del manicomio, prima e dopo la riforma psichiatrica. Transitorietà che va intesa in due accezioni: provvisorietà della struttura in quanto tale e limitata permanenza dei ricoverati nella stessa.

Psichiatria Democratica ha avuto sempre chiaro, e lo ha sostenuto fin dai tempi del dibattito che avrebbe portato alla legge n. 81/2014, che le REMS (le strutture necessarie per chiudere gli OPG non in tempi biblici che allora ancora non si chiamavano così) dovevano essere considerate, alla stregua del manicomio, istituzioni da superare, anche fisicamente, attraverso un costante lavoro di de-istituzionalizzazione. Senza questa tensione al superamento, senza questo orizzonte le REMS rischiano di permanere indefinitamente perché, come ci ricordava V. Marzi, «volere l’assenza [del manicomio]…ne produce l’assenza attraverso azioni concrete, innovative che determinano la non domanda di internamento»: nell’esperienza per superare il manicomio fu necessario coniugare il lavoro interno all’istituzione con quello dei servizi territoriali, i quali hanno realizzato l’alternativa al ricovero. Così dovrà essere anche per le REMS!

L’altra accezione della “transitorietà” prevista dalla legge e richiamata esplicitamente dal CSM riguarda la durata limitata dell’internamento. A tale proposito vogliamo ribadire che il progetto terapeutico individuale dovrà mirare a limitare la permanenza nella REMS al tempo minimo necessario per conseguire gli obiettivi previsti nel progetto stesso. Per ottenere la “transitorietà” occorre attuare una appropriata “selezione” dei soggetti destinati alla REMS, che è struttura sanitaria, con particolare riguardo ai c.d. “pazienti difficili”, per esempio evitando di abusare della c.d. “doppia diagnosi” nel caso di soggetti tossicodipendenti, la cui pericolosità sociale è solitamente causata dalla compulsiva ricerca della sostanza più che dalla malattia. Sappiamo, infatti, che per i tossicodipendenti, il ricovero in REMS è terapeuticamente inappropriato, e, quindi, per definizione non devono esservi inviati. Analoghe considerazioni potrebbero riguardare le persone con gravi disturbi di personalità antisociale, o psicopatia, che rappresentano, pensiamo, una fetta degli utenti di tali strutture. Di queste persone, bisognerà con urgenza ed attraverso uno sforzo, straordinario e collettivo, farsi carico fornendo risposte attraverso l’attivazione di progetti individuali e sociali. Senza tentennamenti e con crescente consapevolezza, ricercando risposte diverse dalle REMS, battendo strade nuove, originali e fuori dagli schemi tradizionali.  Bisognerà essere visionari, quanto basta a favorire col tempo una progressiva innovazione, attraverso risposte sempre più congrue, di volta in volta; bisognerà verificare il percorso attraverso le pratiche, così come è avvenuto nel corso degli anni con le multiformi applicazioni sul campo della legge 180, che è stata e rimane – anche in questo contesto del dopo OPG – nutrice feconda. In questo modo, probabilmente, riusciremo a centrare  l’obiettivo di rispondere ai loro reali bisogni e non a quelli che noi abbiamo deciso unilateralmente e riduttivamente di inglobare per contiguità, comodità o convenienza nell’ambito psichiatrico. La ricerca di percorsi originali e di nuove strade, ancorché  ardua e complessa, è – e vogliamo sottolinearlo con forza – un nodo centrale sul quale impegnarsi senza risparmio; e non va considerata come una delle opzioni o come un espediente introdotto per rimandare o spostare in avanti il problema, essa è un doveroso quanto urgente  impegno per superare l’attuale tendenza a dare “risposte” indifferenziate che poi, e in taluni casi, si rivelano improprie o incongrue. In altri termini, il problema è quello di rifuggire dalle vie brevi nel fornire risposte e, quindi, dal grande contenitore che, nei fatti, ripropone le pratiche onnivore del manicomio.

Come ci ricorda il collega P. Pellegrini: «la psicopatia costituisce una condizione molto complessa, sostanzialmente intrattabile con strumenti medici psichiatrici, farmacologici e psicoterapeutici» mentre sembrerebbero più idonei «strumenti di tipo psicosociali o misure alternative o non convenzionali» senza dimenticare quanto già verificato con la chiusura degli ospedali psichiatrici quando «la gestione di comportamenti aggressivi (in un) cambio di contesto, normali ambienti di vita, un approccio non custodialistico e quote crescenti di libertà e autodeterminazione hanno permesso di ridurre notevolmente i comportamenti aggressivi, di migliorare autocontrollo e responsabilità e di superare completamente le contenzioni. E’ un esempio di come la diversa offerta di relazione e di cura modifichi anche l’espressione delle manifestazioni comportamentali (patologiche e non) e la loro gestione»[3] .

Dobbiamo essere ben consapevoli che è necessario contrastare i ricoveri impropri per evitare l’esaurimento dei posti nelle REMS e la formazione delle liste d’attesa, cui consegue la richiesta di nuovi posti letto. Insistiamo perché tale dinamica è una delle cause maggiori della regressione manicomialistica, per cui va assolutamente evitata. Vogliamo anche sottolineare, sempre richiamandoci all’esperienza di chiusura del manicomio: le pratiche di deistituzionalizzazione, precedenti e successive a quella che viene indicata anche come legge Basaglia, hanno anche consentito di superare parte dei pregiudizi sui pazienti psichiatrici e hanno contribuito a implementare la legge stessa; ci auguriamo che accada la stessa cosa per il superamento delle REMS. L’attuazione di pratiche che rendono evidente la possibilità di alternativa all’internamento, potrà, infatti contribuire alla modifica, da più parti auspicata, del codice penale sul tema della imputabilità. Su questi aspetti si coglie un gap tra dibattito nell’ambito scientifico/psichiatrico e in quello giuridico, gap che sarebbe tempo di colmare.

Tornando al tema centrale del che fare oggi, vale la pena ribadirlo, quella che va affrontata è la complessità della esistenza, rifuggendo da ogni concezione riduzionista della cura. Riteniamo altresì molto importante la presenza costante dell’avvocatura all’interno del gruppo di lavoro multidisciplinare fin dal suo costituirsi, sia per la necessaria funzione di raccordo, sia per il contributo teorico/operativo che potrà fornire all’equipe. L’avvocatura deve essere presente – a nostro avviso – anche durante la formazione congiunta di tutte le figure coinvolte nel procedimento, che si  auspica possa svilupparsi organicamente,  in tutte le realtà coinvolte, così come opportunamente previsto nella risoluzione del CSM, «…perché siano previste la migliore cura e possibilità riabilitativa alla persona…» (si  veda ad es. il Protocollo Operativo in tema di misure di sicurezza psichiatriche per il Distretto di Milano, 12 settembre 2019).

Riteniamo, inoltre, che la nostra proposta di affidare l’accertamento peritale al Sanitario del DSM che ha in carico o avrà in carico l’utente sia non solo innovativa dal punto di vista teorico ma che abbia anche importanti ricadute pratiche; infatti il curante è in possesso di un notevole corredo di notizie cliniche, sociali e familiari, indispensabili per ben orientare l’intera equipe (del SSN e del Tribunale) sul percorso da intraprendere, informazioni di cui un eventuale perito esterno sarebbe inevitabilmente privo. L’impostazione corale auspicata dalla Risoluzione del CSM, ovvero di un costante monitoraggio attivo dell’intero  iter, farà da indicatore al percorso e, nel contempo, sosterrà anche altre decisioni, tra le quali annoveriamo la scelta del luogo ove scontare la misura di sicurezza e la sua stessa durata. Garantirà, insomma, che quanto congiuntamente deliberato, risulti essere anche il frutto di un ampio dibattito tra i differenti saperi degli attori in campo.

Il confronto/scambio tra operatori con percorsi professionali, saperi e pratiche diverse, non potrà che risultare sempre più funzionale alla scelta della tipologia della misura stessa. Così come sarà un arricchimento reciproco il monitoraggio costante del percorso terapeutico – riabilitativo elaborato insieme, con ricadute positive per l’utenza. Così come risulteranno sempre più utili alla coesione dell’intera equipe allargata, gli incontri periodici di formazione e di aggiornamento, espressamente previsti dal CSM nell’articolato della Risoluzione del 24 settembre 2018.

Un ulteriore elemento di riflessione si pone se si considera che alcuni reports indicavano in ben 1/3  degli ospiti attuali delle REMS gli autori di reati modesti, spesso di natura bagatellare e di scarso allarme sociale; le  sanzioni per questi reati non devono essere scontate nelle Residenze per le misure di sicurezza: si tratta, ancora un volta, di rispettare l’indicazione della REMS come extrema ratio.

E’ importante ribadire, per quanto possa sembrare scontato che pur essendo indispensabili, non sono sufficienti i soli schemi di convenzione tra Tribunali e Aziende Sanitarie, e che, anzi, questi possono diventare un alibi qualora le disposizioni in essi contenute non vengano, poi, compiutamente rispettate e rese operative. Sono i Protocolli Operativi, insomma, se saranno tempestivamente e congiuntamente attivati, a costituire il “luogo sicuro” in cui  nessuno si sentirà più solo e che la loro piena attuazione migliorerà la qualità della convivenza civile.

Quel che più ci preme sottolineare, relativamente all’importanza dei P.O.  è che essi – come la legge di riforma psichiatrica – hanno straordinarie potenzialità di promuovere una evoluzione teorica e operativa, sia dal punto di vista giuridico che da quello più generalmente culturale: di questo ancora non si ha, a nostro avviso, piena consapevolezza. Siamo convinti che ciò che ha reso possibile la chiusura degli OPG e, quindi, il varo dei Protocolli Operativi (P.O.) non sia altro che l’ulteriore evoluzione del percorso storico, naturale e plastico, iniziato col varo della legge di riforma psichiatrica.  Noi di PD in particolare dobbiamo essere coscienti del fatto che è cominciata una nuova, faticosa e lunga marcia di deistituzionalizzazione per il superamento delle REMS, e che i Protocolli Operativi devono costituire, sempre più, uno strumento di intervento nel quotidiano, per realizzare quella rivoluzione culturale iniziata con la legge 180 nel 1978 di cui la chiusura degli OPG è stata una ineludibile tappa.

E’ quanto mai attuale, perciò, l’affermazione di Franco Basaglia: «non è importante vincere ma convincere», e nel contempo non si può demandare il destino di migliaia di donne e uomini all’esclusivo ambito tecnico. E’ tempo di allargare di nuovo il cerchio del contagio, di ascoltare, dibattere e proporre: sarà questa stessa modalità di procedere, a garantire la necessaria sicurezza collettiva. E’ tempo di ritornare a schierarsi. Associazioni e movimenti devono, perciò, riprendere a svolgere un costante ruolo di stimolo verso le Istituzioni contribuendo in tal modo a rigettare ogni forma di neo-manicomializzazione, ed essere, ancora una volta, argine contro il ritorno ai tempi bui della custodia e della espulsione.

Dagli Ospedali Psichiatrici Giudiziari ai protocolli operativi – Aversa 22 novembre 2019

PROGRAMMA

Ore 8,30 – Registrazione dei partecipanti

 

Ore 9,00 – Saluti delle Autorità:

Carla Mauro, Direttrice Casa di reclusione F. Saporito di Aversa;
Alfonso Golia, Sindaco di Aversa;
Elisabetta Garzo, Presidente del Tribunale di Napoli nord;
Stefano Graziano, Presidente V Commissione Sanità Regione Campania;
Ferdinando Russo, Direttore Generale ASL Caserta.

 

Ore 9,30 – Relazione introduttiva:

Dopo le Rems, oltre le Rems: Protocolli Operativi, percorsi di inclusione e pratiche di liberazione.

Arturo Letizia, Psicologo, Psichiatria Democratica;
Emilio Lupo, Psichiatra, resp. Nazionale Organizzazione Psichiatria Democratica;
Giuseppe Ortano, Psichiatra , resp. Nazionale Comm. Superamento OPG e carceri di Psichiatria Democratica;

 

Ore 10,00 – Prima tavola rotonda

La chiusura degli OPG e le nuove sfide territoriali

Introduce e coordina: Salvatore Di Fede, Medico Psicoterapeuta, Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica.

Intervengono:
Michelina Cassese, P.R. A .P. Campania;
Samuele Ciambrello, Garante per i detenuti, Regione Campania;
Luca De Luca Picione, Direttivo Nazionale Associazione Italiana Sociologia-Metodologia;
Domenico Trezza, Dipartimento di Scienze Sociali, Università degli Studi di Napoli Federico II;
Maria Lampitella, Vice Presidente della Camera penale di Aversa.

 

Ore 11,15 – Coffee break

 

Ore 11,30 – Seconda tavola rotonda

Dagli OPG al territorio: istituzioni e reti alternative tra sicurezza e diritti costituzionali.

Introduce e coordina: Antonello d’Elia, Psichiatra, Presidente Nazionale di Psichiatria Democratica.

Intervengono:
Michele Capano, Avvocato, Associazione Diritti alla Follia;
Marco Puglia, Magistrato di Sorveglianza S. Maria C.V; Simmaco Perillo, Cooperativa sociale “Al di là dei sogni”;
Concetta Perrotta, Psichiatra, referente TSMIP DSM ASL NA1 Centro.

 

Ore 13,30 – Pausa Pranzo

 

Ore 14,15 – Terza tavola rotonda

La libertà è sempre terapeutica: progetti e risorse per impedire la neoistituzionalizzazione.

Introduce e coordina: Cesare Bondioli, Psichiatra, Direttivo Nazionale di Psichiatria Democratica.

Intervengono:
Nicola Graziano, Magistrato;
Antonio Esposito, Ricercatore indipendente, giornalista, scrittore;
Gaetano Interlandi, Psichiatra, Direttivo Nazionale di Psichiatra Democratica;
Giuseppe Nese, Coordinatore Gruppo prevenzione e gestione REMS e salute mentale in carcere della Campania.

 

ore 16,00 – Chiusura dei lavori

 

Segreteria scientifica e organizzativa:
A. d’Elia, S. Di Fede, C. Forte, A. Letizia, E. Lupo, R. Ortano, C. Pellecchia, B. Romano, D. Tempesta, G. Boccolato.

Per informazioni: G. Ortano cell. 3290281449

Relatori:

C. Bondioli, Psichiatra, Direttivo Nazionale di Psichiatria Democratica
M. Capano, Avvocato, Associazione Diritti alla Follia
M. Cassese, P.R. A .P. Campania
S. Ciambrello, Garante dei Diritti dei Detenuti, Regione Campania
A. D’Elia, Psichiatra, Presidente Nazionale di Psichiatria Democratica
L. De Luca Picione, Direttivo Nazionale Associazione Italiana Sociologia-Metodologia
S. Di Fede, Medico Psicoterapeuta, Segretario Nazionale di Psichiatria Democratica
A. Esposito, Ricercatore indipendente, giornalista, scrittore
E. Garzo, Presidente del Tribunale di Napoli nord
A. Golia, Sindaco di Aversa N. Graziano, Magistrato
S. Graziano, Presidente V Commissione Sanità Regione Campania
G. Interlandi, Psichiatra, Direttivo Nazionale di Psichiatra Democratica
M. Lampitella, Vice Presidente della Camera penale di Aversa
A. Letizia, Psicologo, Psichiatria Democratica
E. Lupo, Psichiatra, resp, Nazionale Organizzazione Psichiatria Democratica
C. Mauro, Direttrice Casa di reclusione F. Saporito di Aversa
G. Nese, Coordinatore Gruppo prevenzione e gestione REMS e salute mentale in carcere della Campania
G. Ortano, Psichiatra , resp. Nazionale Comm. Superamento OPG e carceri di Psichiatria Democratica
S. Perrillo, resp. Coop Sociale “Al di là dei sogni”
C. Perrotta, Psichiatra referente TSMIP DSM ASL NA1 Centro
M. Puglia, Magistrato di Sorveglianza S. Maria C.V.
F. Russo, Direttore Generale ASL Caserta
D.Trezza, Dip.di Scienze Sociali, Univ. degli Studi di Napoli Federico II

 

La lunga marcia di Psichiatria Democratica per chiudere gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (Emilio Lupo)

Per molti anni ci siamo battuti, come Psichiatria Democratica (PD), per il superamento degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari (OPG) nel nostro Paese. Lo abbiamo fatto, discutendo sui percorsi che hanno condotto a questa o quella struttura migliaia di “rei folli” e perciò destinati solamente a perdersi in quei luoghi. Abbiamo lavorato, alacremente, insieme ad altri, e documentato, come non vi fosse che una soluzione per liberare questi luoghi senza tempo che producevano tanti ergastoli bianchi: chiuderli definitivamente. E mentre nelle nostre Assise, negli incontri pubblici e nelle manifestazioni rendevamo manifeste le proposte, perché sul territorio si potessero accogliere e prendere in carico i“pazienti psichiatrici autori di reato”. Non più, quindi, la risposta standardizzata e custodialista degli OPG ma una articolata rete fatta di programmi /percorso, condivisi tra tutti gli attori in campo: Magistratura, Servizi sanitari e sociali, realtà associative, utenti e famiglie.

Così attivammo un gruppo nazionale di studio e di approfondimento sul tema, e, contemporaneamente, seminari di scambio e confronto con Magistratura Democratica e fummo anche ascoltati, più volte,  dalla Commissione Sanità del Senato presieduta dal Prof. Ignazio Marino. Quella stessa Commissione di Palazzo Madama, che svolse un ruolo straordinario e propulsivo in quella delicata e complessa vicenda, documentando unitariamente lo stato dell’arte, senza veli e senza steccati  ideologici di sorta, cosa che sembrò a tutti un grande pregio. In quelle occasioni di incontro, a Roma, sottolineammo ai membri la Commissione che era, finalmente, giunto il momento di ”chiudere presto e bene le strutture asilari ”.  Di lì a poco  il monito, forte e chiaro – che sfondò il video e giunse in tutte le case- del Presidente Giorgio Napolitano che definì quei luoghi «autentico orrore indegno di un paese appena appena civile». E in tutto questo un susseguirsi di iniziative tra le quali segnaliamo le periodiche visite nei singoli OPG ( leggi i numerosi c. stampa che le documentano ampiamente) da parte di dirigenti e militanti di Psichiatria Democratica (Di Fede, Lupo, Ortano, Loffredo e Morlicchio ad Aversa e Napoli e Bondioli e Galluccio a Reggio Emilia). Visite ripetute per incontrare operatori e ospiti, per scambiare pareri e confrontarsi sui progetti di dismissione, sulla creazione di una comunicazione stabile e operativa con i Servizi territoriali, indispensabile per concretizzare la chiusura dei singoli OPG.

E tante ma tante altre iniziative: raccolta di migliaia e migliaia di firme sul nostro sito e sui banchetti in strada perché si chiudesse al più presto “una brutta pagina di storia contemporanea” e staffette del digiuno, sit-in per contrastare la proroga del Governo per la chiusura, e poi convegni dibattiti e la richiesta di rispettare i dettami della legge 81/2014 che metteva fine al regime OPG e apriva le Rems. E sono proprio le Rems i nuovi luoghi da contrastare, nei fatti, con la messa a punto di un ventaglio di proposte che dovevano avere al centro e in maniera costante, come sostenevamo, tenacemente, il rapporto tra Magistratura e Sanità. In questa ottica e in questa direzione sono rivolti gli sforzi e le proposte di Psichiatria Democratica (elaborate da C. Bondioli e da E.Lupo) che vanno sotto il nome di “Protocolli Operativi Vincolanti”. Essi sono stati  discussi prima negli organismi nazionali di Psichiatria Democratica e dibattuti in seminari pubblici, in varie città e con diversi interlocutori (Magistrati, avvocati, operatori della Salute etc.) e poi sono stati oggetto di un corso ECM, romano, di grande respiro e molto partecipato, organizzato dal gruppo Formazione nazionale di PD. La proposta dei Protocolli verrà quindi presentata, nella sua versione definitiva da parte dei Dirigenti nazionali dell’Associazione Lupo, Bondioli, Di Fede e d’Elia, alla Commissione competente del Consiglio Superiore della Magistratura (Presidente il dott. N. Clivio) in data 14 giugno 2018. La nostra proposta, articolata e dettagliata in tutti i suoi passaggi, frutto anche dalla nostra esperienza maturata sul campo, negli anni, conteneva una precondizione irrinunciabile, ovvero che “Magistratura e Sanità si parlino sempre”.  Successivamente la Commissione preposta continuò le audizioni e, quindi, il CSM, nella seduta plenaria del 24 settembre 2018,  varò la Risoluzione in tema di Misure di sicurezza psichiatriche, dotando, a nostro avviso, il Paese di uno strumento indispensabile per farsi carico, sul territorio, dei pazienti autori di reato. Da qui il nostro no convinto alle richieste di più posti letto nelle Rems  ma di più risorse per il territorio ( vedi a tale proposito il Comunicato stampa di Psichiatria Democratica, del 15 febbraio 2019, a cura di E. Lupo, G. Ortano, C. Bondioli), in maniera che già all’apertura di un fascicolo si attivino, all’unisono, gli operatori della Giustizia insieme a quelli della Sanità (Servizi di Salute Mentale e anche delle dipendenze nel caso di dipendenze da alcool e o sostanze stupefacenti). In questa maniera sarà possibile costruire, monitorare e verificare, nel tempo, il programma personalizzato, elaborato per ciascun utente ma anche sviluppare – come dice chiaramente la Risoluzione del CSM – programmi congiunti di formazione tra le due realtà, quella giudiziaria e quella sanitaria.

In conclusione vogliamo ribadire che per Psichiatria Democratica, l’applicazione piena e costante dei  Protocolli  Operativi, resta la strada maestra da percorrere.

E ora buona lettura.

PS: contiamo di recuperare, ed inserire progressivamente, altro materiale relativo ad iniziative da noi realizzate sul tema OPG.  Dateci una mano.

Rassegna stampa

L’UNITA’ del 20 Aprile 2011 (pagine 26 e 27) Ecco come si può uscire dall’inferno dei manicomi

L’Unità ,maggio 2012 – La doppia pena degli internati nei vecchi manicomi criminali

Quotidiano l’Unità, ottobre 2012

Il Manifesto marzo 2015 -L’inferno degli ultimi internati di Aversa

La Repubblica Napoli 22 luglio 2015 – Psichiatria e disagi più fondi e risposte

Il Mattino (Ed. Caserta) 17 agosto 2015 – Nella pre-Rems di Mondragone anche pazienti di altre regioni

La Repubblica – 2 gennaio 2016 -OSPEDALI PSICHIATRICI GIUDIZIARI UN PERCORSO DOPO LA CHIUSURA

23 giugno 2016 – La Repubblica – -IL NUOVO CAMMINO DELLA PSICHIATRIA

OPG Subito un ufficio per chiuderli L’UNITA’ 14-10-2012

Manicomi criminali rispettare la legge Gli altri 15-3-2013

Napoli cittàsolidale Una data certa per smantellare gli OPG 25-7-2011

Gli ALTRI (pag.20)-Gigi Attenasio 24-2-2012

Quale futuro per gli opg -OSSERVATORIO CITTADINO num 3 2012

Visite di delegazioni di Psichiatria Democratica negli OPG

Secondigliano 16 marzo 2012

Secondigliano 8 novembre 2012

Aversa 22 novembre 2012

Montelupo Fiorentino 23 novembre 2012

Secondigliano 6 novembre 2013

Reggio Emilia 15 novembre 2013

Aversa 27 ottobre 2014