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Mi raccomando, non sia troppo basagliano (Ernesto Venturini) – l’esperienza antimanicomiale di Gorizia

“Mi raccomando: non sia troppo basagliano” è l’esortazione che l’assessore alla sanità della Provincia di Gorizia rivolge a Casagrande, nuovo direttore dell’ospedale psichiatrico, invitandolo a scrivere il programma annuale delle attività. Siamo nel 1972; Casagrande è succeduto a Basaglia e a Pirella nella guida del famoso ospedale aperto di Gorizia. È un momento particolarmente difficile per le sorti dell’esperimento basagliano.

L’esperienza mostra di sé stessa, come un Giano bifronte, due immagini contraddittorie: da un lato, la legittimazione di un progetto “rivoluzionario”, attraverso il successo di un libro – “L’Istituzione negata” – compendio rappresentativo del cambiamento attuato – e, dall’altro lato, il suo più bruciante insuccesso – l’uxoricidio perpetrato da un paziente – che sembra rimettere in discussione la proclamata non pericolosità del folle. Sono molti a pensare, in quel momento, che l’esperienza, nata sull’onda delle “utopie” del 68, sia ormai definitivamente finita. Ma la risposta di Casagrande, non solo non sconfessa l’indirizzo percorso fino allora, ma lo radicalizza. Si tratta di un vero coup de théâtre, che pone, di nuovo, Gorizia al centro dell’attenzione scientifica e politica, sia in campo nazionale che internazionale. I medici dell’Ospedale psichiatrico denunciano la responsabilità degli amministratori e dei politici, che impediscono l’apertura dei servizi territoriali, necessari per l’integrazione sociale dei pazienti. Per questi motivi avanzano la richiesta di una dimissione “in blocco” dei ricoverati e presentano, contemporaneamente, le proprie dimissioni. È una notizia sensazionale, che riaccende, dopo quattro anni di silenzio, l’interesse dell’opinione pubblica su quell’ospedale. Il mondo scientifico e quello politico si dividono. Per alcuni è solo una provocazione, per altri è una coraggiosa denuncia contro lo stato di arretratezza in cui versa l’assistenza psichiatrica in Italia. Per circa due mesi l’argomento tiene banco sulla stampa locale e su quella nazionale. Vanno in onda servizi televisivi, radiofonici. Si svolgono numerosi dibattiti, in un clima di forti polemiche. C’è chi critica quella scelta, ritenendola eccessivamente mediatica e chi, invece, si schiera pubblicamente a favore della necessità di urgenti riforme. È un momento cruciale nel percorso di superamento degli ospedali psichiatrici.

La pagina goriziana anticipa la legge di riforma (la legge180), che sarà promulgata pochi anni dopo. Ma come si è arrivati a queste clamorose posizioni? Qual era, propriamente, la posta in palio dietro a questo scontro tra i medici e l’Amministrazione Provinciale? Il libro cerca di dare una risposta a questi interrogativi, attraverso documenti inediti, testimonianze, racconti autobiografici, riflessioni a tutto campo sui valori e limiti dell’esperienza goriziana.

Il libro narra il passato, ma lo sguardo è rivolto al presente, all’attualità dei dibattiti sui diritti civili delle minoranze, degli anziani e dei migranti. Il manicomio per legge non esiste più, ma la logica manicomiale è ancor presente in tante istituzioni sanitarie e d’assistenza. E se, oggi, i temi e gli obiettivi possono sembrare diversi, l’impegno e le strategie di lotta mantengono, ancora, la loro bruciante attualità. Può forse essere utile ricordare, allora, proprio lo “spirito” degli anni 70, quando l’Italia, attraverso conflitti, dibattiti, esperienze coraggiose, riuscì a raggiungere importanti risultati, fino a poco prima, del tutto impensabili: la legge del divorzio, quella della maternità assistita, le riforme della Sanità e dell’Università. In questo libro ci riferiremo, in particolare, ai movimenti sociali e politici che portarono alla promulgazione della legge di riforma della psichiatria. Una legge, che rimane nel panorama internazionale uno dei più importanti prodotti del “made in Italy”. D’altronde è lo stesso Norberto Bobbio che ci ricorda come “la 180” sia stata l’unica, vera riforma realizzata in Italia nel dopo guerra. La vicenda goriziana mostra che un processo di emancipazione, anche quando sembra prossimo a una sconfitta, può sempre rovesciarsi in una vittoria: occorrono coerenza e una tenace fiducia nelle possibilità del cambiamento. Quegli avvenimenti comprovano, come ha detto Basaglia, che” l’impossibile può diventare possibile”.

Il libro è diviso in quattro capitoli: “La storia”, “Frammenti autobiografici”, “Opinioni”, “Riflessioni conclusive”. Una breve prefazione informa il lettore sugli avvenimenti che hanno preceduto quelli raccontati in questo scritto. Si entra, poi, nel vivo del racconto descrivendo il momento di massima tensione mediatica. Gli interrogativi, i dubbi sorti da quell’evento spingono a ricercarne le ragioni, andando a ritroso nel tempo. Tutti gli avvenimenti dell’Ospedale aperto di Gorizia sono contestualizzati nel panorama, più ampio, di quanto, in quegli anni, stava accadendo, sia in campo nazionale, che in quello internazionale. Alla descrizione “oggettiva” degli accadimenti si affianca il punto di vista “soggettivo” degli autori, che è raccontato, con uno stile informale e colloquiale. Gli aneddoti, i ricordi personali aiutano, spesso, nella ricostruzione di una vicenda, quanto possono farlo i documenti ufficiali. Nel terzo capitolo, intitolato “Opinioni”, sono inseriti tre punti di vista, diversi da quelli degli autori. Il primo di questi “sguardi” è quello degli infermieri dell’ospedale goriziano che espongono le loro considerazioni e valutazioni. Viene dato spazio, poi, al pensiero critico di un famoso giornalista – Sergio Zavoli. L’ultimo sguardo è, infine, quello di una professoressa di un’università straniera: la sua approfondita conoscenza di questa materia si accompagna a un’opportuna distanza spazio-temporale, che può rendere maggiormente oggettiva l’analisi degli avvenimenti.

Le riflessioni conclusive, riportate nel quarto capitolo, cercano di riannodare i nodi della storia, offrono nuovi approfondimenti, riaffermano il potere dell’utopia contro chi vorrebbe far dimenticare il valore del pensiero basagliano.

Agostino Pirella : l’esperienza di Arezzo a quarant’anni dalla legge 180

E’ appena uscito il volume “Agostino Pirella : l’esperienza di Arezzo a quarant’anni dalla legge 180”, con il contributo di Psichiatria Democratica e del Centro Franco Basaglia di Arezzo.

Il volume – curato da Cesare Bondioli- contiene gli atti del Convegno tenutosi presso il Campus del Pionta nel giugno del 2018. Numerose e interessanti le relazioni sulla straordinaria esperienza aretina nel campo della Salute Mentale europea, e sul ruolo svolto dal prof. Agostino Pirella, che, insieme ai suoi collaboratori, scrisse pagine importanti di riscatto e liberazione dal manicomio di migliaia di uomini e donne, tracciando la via per lo sviluppo sempre maggiore di una Salute mentale comunitaria.

Il volume contiene anche una presentazione del lavoro di studio avviato dall’Università sull’ archivio dell’Ospedale Neuro-Psichiatrico di Arezzo e sull’ “Archivio Pirella” recentemente acquisito grazie alla donazione di Martino Pirella.

 A corredare l’interessante volume, le foto di molti tra i protagonisti ed i sostenitori di uno dei maggiori punti di riferimento culturali e scientifici della rivoluzione psichiatrica quale è ancora oggi il prof. Pirella.