Riflessione da un futuro auspicabile di salute mentale (Tonino Pane)

Agli albori del terzo millennio ci fu l’epoca in cui imperversava il “consenso” in tutte le attività della vita, nella politica, nelle comunità, sia virtuali che reali e in quelle relazionali. Anche le relazioni sanitarie tra medico e paziente non ne furono esenti, se ne producevano infatti diverse fattispecie, tutti definiti informati: consenso alla terapia medica o chirurgica, al ricovero, alla dimissione, al trattamento dei dati, di quelli personali e di quelli sensibili, al loro utilizzo, al loro inserimento nelle piattaforme digitalizzate, alla privacy, e anche la Psichiatria, per non differire come sempre dalle altre discipline mediche, si era adeguata, pur custodendo e a volte difendendo l’unico atto terapeutico che non ne prevedeva la raccolta. Poi ci fu l’avvento del Covid 19, che rese tutti disinformati. La pandemia che ne derivò resettò il protagonismo del “consenso” e restaurò la legge del “contatto” a partire dal suo inverso nel senso fotografico del termine, cioè a partire dal suo negativo, l’assenza di contatto. Quest’ultimo, oggetto anche di specifici DPCM del governo dell’epoca, improvvisamente all’altezza della situazione come tutti gli italiani sono sempre capaci di fare in tempo di emergenza, fu identificato come presupposto di sicurezza interpersonale e poi anche sociale, fu così che la presenza di un desiderio e di un bisogno, quello della sicurezza, fu garantita dalla assenza di un altro desiderio e bisogno, quello del contatto. Nacque il primo comandamento della nuova era, il distanziamento sociale, operato in tutti i luoghi, aperti e chiusi, pubblici e di culto, questo distanziamento sociale insieme al mascheramento individuale di cui se ne produsse un innumerevole ventaglio creativo sia in quantità che in qualità, riuscirono a vicariare una debole sorveglianza epidiemologica. Era iniziata l’era della asepsi perduta. La natura si riappropriò di spazi che le erano stati interdetti. Il tempo sembrò rallentare e le quarantene diventarono interminabili. In questa nuova situazione di psicopatologia di massa, si contrapposero da una parte immagini forti come la solitudine dei numeri primi, la solitudine del Papa in una piazza San Pietro desertificata dalla mancanza del resto, la solitudine del Presidente davanti al Milite Ignoto, nella ricorrenza di una Liberazione chiusa nell’isolamento domiciliare fiduciario, e dall’altra pensieri insopportabili come la solitudine di migliaia di persone care nel momento dello Spavento Supremo. Poi arrivò la fase due, la pandemia rallentava, ma non si potette dire lo stesso dell’infodemia. Alla paura si unì la speranza, alla depressione un germe di euforia, fu così, dallo stato disforico del naufrago in vista dell’approdo, che nelle Relazioni nacque di nuovo la volontà di operare con umanità, con rispetto, con amore, praticamente con “tatto”, liberi dal “consenso”, per dare di nuovo senso questa volta ad una parola pronunciata da labbra mascherate o ad una carezza fatta con mani di lattice.

 

Tonino Pane – Sorrento