L’esperienza del “molteplice”: ossia un breve resoconto di un’esperienza di costruzione di “rete” (Assunta Maglione)
“Lamentarsi è un modo frugale di cantar vittoria….” ¹
Inizio questo breve scritto con una frase ripresa da un libro recente di Paolo Milone sulla vita agra di uno stanco psichiatra italiano che arriva a teorizzare la contenzione estetizzandola; è stata illuminante per me quando l’ho letta poiché descrive un modo di stare, oggi, all’interno dei Servizi per la Salute Mentale, una sorta di strategia di sopravvivenza che rasenta il nichilismo ma che nel coro generale della reazione alla sofferenza passa quasi inosservato. Sono una psichiatra che lavora a Napoli ed ha ancora, nonostante l’età, molti anni di lavoro davanti a sé prima del periodo di “quiescenza” e, così come tanti nella mia stessa situazione, metto in atto e ricerco “strategie di sopravvivenza” per dare risposte congrue sia ad una più che eterogenea richiesta di aiuto, sia al tentativo di smantellare, attraverso il depauperamento delle risorse, la “Resistenza” degli operatori dei Servizi di Salute Mentale. Questa continua ricerca, nata prima come approfondimento, è diventata poi anche appartenenza in quanto condivisione di visione e operatività (Associazione Italiana di Psicologia Analitica, Laboratorio Italiano di Psicoanalisi Multifamiliare, Psichiatria Democratica) a cui si è aggiunta negli ultimi due anni la Rete Italiana dI IIPDW, International Institute Psychiatric Drugs Withdrawal.
Un incontro alla presentazione del libro di Antonello D’Elia a Napoli, come spesso accade, ha offerto il contatto che ha creato una serie piccola ma incessante concatenazione di eventi che ha portato alla mia partecipazione costante alle riunioni online con un gruppo eterogeneo di persone che per modalità o contatti simili al mio hanno aderito allo stimolo del collega Giuseppe Tibaldi sul tema del “corretto” uso degli psicofarmaci visto lo spostamento della presa in cura sempre più verso la somministrazione di farmaci a cui operatori e spesso anche i pazienti e i loro familiari, finiscono per attribuire fideisticamente capacità trasformative che non posseggono.
Il tema della soggettività e della restituzione di potere di scelta a chi, per ragioni storiche e spesso con la complicità della psichiatria se le è vista negata, è un asse portante del lavoro antistituzionale e testimonia l’impegno mai dismesso nel lavoro di comunità. Anche per questo nel paziente e competente lavoro di deprescrizione dell’IIPDW, di accompagnamento relazionale all’uso consapevole e meno dannoso possibile dei farmaci ho ritrovato una linea di coerenza straordinaria con la storia di Psichiatria Democratica e un necessario aggiornamento rispetto a quanto sempre più spesso avviene oggi nei servizi.
Si è costituito un gruppo[1] a cui ho aderito anche come membro di Psichiatria Democratica così come concordato con la presidenza nazionale, Il cui lavoro si è concretizzato nell’elaborazione delle linee guida, di seguito riportate. La ricchezza degli incontri, rappresentata dallo scambio e soprattutto dall’ascolto delle esperienze di colleghi, di utenti, di familiari, è stata per me di grande supporto per evitare di unirmi al ‘girone’ depressivo dei lamenti e ha dato nuova linfa per riuscire a continuare a dialogare con le persone: operatori, utenti, ex-utenti, esperti per esperienza, soggetti, interessati e coinvolti dal tema della salute mentale. Il documento che ne è risultato ha già la qualità, ma vuole acquisire la forza, per dare spazio alle proposte “non farmacologiche” essenziali alla consapevolezza e al bilanciamento dell’esperienza di sofferenza psichica, riproponendo con più forza e direi “ a voce più alta” la promozione di una prospettiva concreta di empowerment nel senso più ampio di riduzione delle asimmetrie decisionali tra professionisti, operatori e diretti interessati e di redistribuzione del potere di scelta di cui storicamente i pazienti sono espropriati. Come recitano le linee guida sui percorsi di deprescrivibilità: “I percorsi di de-prescrizione sono parte integrante delle pratiche di recovery, cioè di recupero di un’autentica capacità di prendere decisioni autonome sulla propria esistenza”.
L’Associazione Italiana di Psichiatria Democratica onlus, Società scientifica riconosciuta dal MdS, si riconosce appieno nelle linee guida alla cui stesura ho contribuito con la mia collaborazione e si adopererà nelle sedi operative ed istituzionali a difenderne princìpi ed implementazione.
Dr.ssa Assunta Maglione, DSM Napoli 1, Psichiatria Democratica
P.S. Per conoscere il documento integrale e poter partecipare , a breve verrà pubblicato nella sezione Italy del sito principale dell’IIPDW www.iipdw.org e in seguito ripreso anche sul sito www.Psichiatriademocratica.org, che invito tutti a consultare. Inoltre, è importante sottolineare e ribadire, com’è riportato anche nella sua introduzione, che esso rappresenta un documento che vuole avviare una discussione su questi temi, ed è, come tale, destinato a modifiche ed integrazioni, visto che è una linea guida che è solo parzialmente “evidence based” (ad e. sul piano della maggiore efficacia dello shared decision making), ma è soprattutto “ practice based” (visti i contributi rilevanti degli esperti per esperienza su un tema piuttosto trascurato a livello di ricerca).
[1] Il coordinamento è del dr. Giuseppe Tibaldi, direttore Salute Mentale Area Nord del DSM di Modena. Ne approfitto per ringraziare Giuseppe, Anna, Eros, Raffaella, Marcello, Laura, Francesco Giovanni… e tutti gli altri 160 soggetti che hanno fanno parte di questo percorso e che spero aumenteranno nel corso del cammino.